lunedì 30 novembre 2009

Incontro sul Piano degli Interventi sul Rio S. Girolamo (II parte) - Le osservazioni dei convenuti

In questa seconda parte si riportano le osservazioni e le proposte fatte dalle persone che hanno partecipato all'incontro sul Piano degli Interventi elaborato da Hydrodata per conto dell'agenzia del Distretto Idrografico della Sardegna.

Si chiede se la società Hydrodata, che ha sede a Torino, abbia compiuto dei sopralluoghi sul territorio per verificare direttamente la situazione. Si riferisce che rappresentanti della società erano presenti casualmente a Cagliari il giorno dell'alluvione ed hanno potuto assistere di persona agli eventi in corso. Inoltre, per la realizzazione dello studio, sono stati incaricati dei tecnici per i sopralluoghi.

Si osserva che il Piano di Intervento non prevede interventi per l'ambiente montano.
In particolare, per la sezione SG01 che comprende quasi un terzo dell'intera superficie del bacino, dove si originano gran parte delle precipitazioni e, probabilmente, dei detriti che vanno a confluire nel bacino a valle, non è previsto alcun tipo di intervento. Lo studio evidenzia anzi il fatto che in questo tratto non sussistano criticità perché non sono presenti insediamenti o attività umane vulnerabili. In realtà le criticità esistono, ma hanno come bersagli le sezioni più vallive.
Si chiede che anche qui si effettui uno studio approfondito e si preveda, così come già fatto in altre parti della Sardegna, la realizzazione di briglie e di interventi massicci di ripristino delle coperture vegetali. Si pensa non necessario che le briglie siano in muratura ma, secondo tecniche più usate oggi, possono essere in legname o ad interrimento e svolgere comunque la loro funzione. Le briglie richiedono una manutenzione periodica per la rimozione dei detriti accumulati nel tempo.

Le scogliere in massi: non sporgono dal piano di campagna e non hanno funzione di arginare la piena ma di protezione delle sponde dall'erosione. L'ancoraggio e il consolidamento delle stesse, oltre che da materiali come cemento e terra, specie nel nord Italia dove questa pratica è molto usata, è garantito dalla messa a dimora di piantine di salice, a crescita rapida e con radicazione molto sviluppata. Nel nostro clima, meno piovoso, l'attecchimento delle essenze vegetali (anche se locali) è difficoltoso e richiede una particolare costanza nell'irrigazione (quindi personale e fondi per la manutenzione), altrimenti le scogliere resteranno inevitabilmente scoperte e con ancoraggio inadeguato.

Molti manifestano particolare disappunto per la proposta di realizzazione, con spesa ingente, delle difese spondali per l'edificio Hydrocontrol. Si ritiene che tale misura sia del tutto inutile, perché essendo l'edificio realizzato nell'alveo fluviale (addirittura ne restringe pericolosamente il corso) e le simulazioni di modello realizzate da Hydrodata dimostrano che l'edificio sarà comunque esposto ad alluvioni anche per piene inferiori a quella dell'ottobre 2008, nessun dipendente, si presume, sarebbe disposto ad averla come propria sede di lavoro. Si propone di risparmiare per opere più utili gli 800.000 euro necessari.

Molti manifestano perplessità anche per l'affermazione contenuta nelle schede del Piano Hydrodata sulla presunta azione svolta dalle piscine di Poggio nella deviazione delle acque verso la casa più a valle che è stata interessata dalle acque in piena e verso il ponte. E' opinione comune che le piscine non costituissero ostacolo alle acque e che l'erosione spondale che ha colpito l'abitazione di un socio della Cooperativa Poggio dei Pini sia stata causata dalla scomparsa dell'abbondante vegetazione presente in alveo, in conseguenza di un incendio.

Si manifestano perplessità anche sul fatto che lo studio Hydrodata, in questa fase, abbia definito degli interventi senza aver compiuto le opportune indagini sugli affluenti in destra idrografica che hanno avuto un ruolo molto significativo soprattutto nel determinare l'entità del trasporto solido, conoscendo i quali, probabilmente, le scelte sugli interventi (es. Hydrocontrol) avrebbero potuto essere diverse.

Si esprime notevole preoccupazione sul fatto che le ampiezze dell'alveo e dei ponti in questo primo tratto di fiume siano notevoli (70 m per il ponte presso Hydrocontrol e 110 m per il ponte delle piscine Poggio), mentre a valle, dove la portata idrica del fiume è molto maggiore, il corso d'acqua e i ponti si restringono drasticamente nel passare per l'abitato di Rio S. Girolamo.

Secondo Hydrodata, l'accesso al ponte piscine Poggio dovrebbe avvenire attraverso la strada 24 (strada per le scuole di Poggio). Questa strada, oltre a complicare il percorso, presenta una larghezza inadeguata a sostenere l'impatto del traffico che attraverserebbe Poggio verso Cagliari e verso Capoterra (il punto più difficile si ha dove la carreggiata si restringe molto nel passare tra quattro case che distano dai 5 ai 10 metri dalla strada e dove è presente una scarpata in roccia granitica che dovrebbe essere necessariamente abbattuta per poterla ampliare; la strada inoltre è utilizzata abitualmente dagli scolari per rientrare a casa a piedi e sopporta già con difficoltà il passaggio dell'autobus per le scuole e dei mezzi per il ritiro dei rifiuti urbani, ndr).

Ci si chiede se sia possibile spostare il ponte un po' più a valle, mantenendo ed eventualmente ritracciando l'attuale strada di accesso in sinistra idrografica.

Si manifestano dubbi sull'effettiva utilità del canale di derivazione che escluderebbe il lago di Poggio dal corso principale del Rio San Girolamo. Se il canale è dimensionato per un tempo di ritorno di 200 anni (circa 100 m3/s di portata), esso può funzionare solo in regime normale, mentre in caso di piena pari a quella del 22 ottobre 2008 il canale non potrebbe contenerla e l'acqua potrebbe di nuovo tracimare dalla diga. L'unico effetto che se ne otterrebbe sarebbe quello di portare a morte lenta il lago.

Ci si chiede se non sia possibile, invece, fornire ad esso uno sbocco adeguato alla piena del 22 ottobre, possibilmente anche con un certo margine di sicurezza, scavando nel granito in sinistra idrografica per allungare adeguatamente la linea di sfioro del lago e per ricavare in roccia un canale profondo a sufficienza da accogliere un tale volume di acque da porre la diga al riparo da nuove tracimazioni. Una soluzione di questo genere è stata già prospettata nell'ambito di una relazione tecnica sulla stabilità della diga, non facente parte dello studio Hydrodata, commissionata ad un esperto del campo.

Si evidenzia ancora una volta l'importanza del lago come bene identitario delle comunità residenti nella zona e come risorsa idrica strategica fondamentale in caso di incendi.

Ci si è chiesto il motivo della scelta di rimuovere la traversa in calcestruzzo sul lago piccolo: si ritiene che la scelta sia giustificata dal timore che un aumento del livello delle acque in questo punto possa interferire con le strutture della diga in terra a monte, causando danni alla struttura.

Si esprime profondo disappunto per le scelte fatte nell'area urbana di Rio San Gerolamo. E' particolarmente preoccupante la scelta di non operare alcuna delocalizzazione di edifici, a parte la scuola materna. Si osserva che la disposizione di due sistemi di argini a contorno di intere aree abitate creerebbe una sorta di quartieri-ghetto, con strade di accesso sugli stessi.

Si osserva che l'altezza e la disposizione degli argini non garantisce che le acque non possano scavalcarli o aggirarli e soprattutto non garantisce che le acque possano defluire, con il rischio di un pericolosissimo effetto "vasca" che porterebbe le acque a ristagnare senza sbocco proprio in corrispondenza delle aree "protette".

Si osserva che i due argini in progetto sono disposti in opposizione al flusso in arrivo dal fiume. Le acque, per defluire, dovrebbero aggirarli e passare in un ristretto varco tra di essi. E' prevedibile che, contrariamente al giorno dell'alluvione, quando la piena ha potuto defluire liberamente tra le case su un ampio fronte verso la foce, le acque ora si potrebbero accumulare a monte degli argini, con un aumento di livello che potrebbe superarne l'altezza di 2 metri (il livello delle acque osservato il 22 ottobre era di 1,5-1,8 m).

Preoccupa anche la velocità raggiunta dalle acque il giorno della piena: lo studio Hydrodata ha calcolato una velocità elevatissima, pari a 7 m/s, alla sezione del lago di Poggio. In condizioni di maggiore velocità delle acque è molto più probabile un accumulo in corrispondenza di eventuali ostacoli.

Il superamento degli argini da parte delle acque potrebbe inoltre causare dei franamenti improvvisi degli stessi, con la formazione di locali ondate di piena che potrebbero investire le abitazioni circostanti.

Molti si sono espressi in favore della delocalizzazione di un numero significativo di abitazioni in modo da lasciare al fiume lo spazio necessario al deflusso delle acque in piena. Gli abitanti delle aree colpite dall'alluvione del 2008 vivono una situazione di stress continuo e bisogna avere il coraggio di delocalizzare dove sia possibile. Chi scrive ha espresso la necessità di delocalizzare tutti gli edifici di rio S. Gerolamo colpiti dall'alluvione del 22 ottobre, più un'ampia fascia di edifici di Frutti d'Oro II presso la foce (intorno a 130 costruzioni in tutto).

Tra le altre considerazioni, si è espressa la necessità di effettuare uno studio idrogeologico anche nel bacino di Masoni Ollastu, nel quale pure si sono verificati danni, e che contribuisce ad incrementare i volumi idrici presso la foce del Rio S. Girolamo.

Si osserva che i ponti previsti nell'area più valliva sono fortemente sottodimensionati, ad eccezione del viadotto sulla 195.

Si osserva che 35 milioni di euro non possono essere spesi per realizzare opere dimensionate alla piena ipotizzata per il tempo di ritorno di 200 anni, perché tali opere rischiano di essere inutili se non dannose, mentre ogni somma risparmiata potrebbe contribuire alla delocalizzazione delle abitazioni.

Si evidenzia il fatto che la valutazione dei tempi di ritorno degli eventi alluvionali è fatta secondo algoritmi di calcolo sicuramente rigorosi, ma la base dati storica sulla quale tali calcoli sono effettuati non può essere considerata adeguata. In queste condizioni, i tempi di ritorno possono costituire un utile riferimento per definire le priorità degli interventi mentre considerarli alla stregua di previsioni può portare a grossi errori nel dimensionamento complessivo delle opere.

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